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SASSOCORVARO

DESCRIZIONE

Il comune di Sassocorvaro si estende per 66,6 Km² tra rare pianure e morbide colline lungo il corso del fiume Foglia che, per un breve tratto, interrompe il suo flusso nelle acque del lago di Mercatale, scenario suggestivo e rilassante, meta nei mesi estivi di appassionati di canoa e windsurf.

Non conosciamo con precisione la data in cui l’antico borgo di Sassocorvaro sorse, adagiato sulla collina che sovrasta la sottostante vallata. Il più antico documento che fa menzione ad un nucleo abitato è datato 1061; la prima struttura difensiva – con all’interno una cappella dedicata a San Giovanni- era situata sul poggio più alto di tutta la zona, nella località ancor oggi chiamata San Giovannino. Quando fu fondato Sassocorvaro su un rilievo più in basso, vi scese la popolazione residua ed all’interno della nuova struttura difensiva sorse la primitiva chiesa di San Giovanni Battista. Varie sono le ipotesi riguardo l’etimologia del nome del luogo. Alcuni ritengono che il toponimo Sassocorvaro derivi da “sasso nodo dei corvi”, dato che un gran numero di quegli animali si annida ancora oggi sul colle; altri sostengono che derivi da un suo presunto fondatore, tale Corbarius, ma l’ipotesi più accreditata è che il nome del paese sia da mettere in relazione al termine latino corbis che significa “cesta”, per la caratteristica forma della sommità del colle su cui è posto.

MONUMENTI - OPERE D'ARTE - BORGHI E FRAZIONI

LA ROCCA UBALDINESCA

La storia di Sassocorvaro, caratterizzata principalmente da guerre ed assedi, a prova dell’importanza strategica del luogo, subì una svolta quando nel 1475 il conte Ottaviano degli Ubaldini della Carda, per volere di Federico da Montefeltro, fece edificare dall’architetto senese Francesco di Giorgio Martini, l’imponente Rocca.

La fortezza, con la sua singolare forma di testuggine, esempio di unicità e purezza delle forme è considerata uno dei massimi capolavori di architettura militare del Rinascimento.

Nata come struttura militare essa abbandonò quasi subito il suo aspetto guerresco per divenire una raffinata residenza aristocratica.

Il 18 maggio 1510, con una bolla emessa da Papa Giulio II della Rovere, la contea di Sassocorvaro viene concessa al conte Filippino Doria di Genova, braccio destro del più famoso Andrea Doria. La Famiglia Doria investita della Contea di Sassocorvaro fu la prima ad abitare realmente la fortezza, edificio che nel 1498, alla morte di Ottaviano degli Ubaldini, non era ancora terminato. I Doria tra gli anni ’20 e ’30 del XVI secolo ultimarono la parte della Rocca che ancor oggi porta il nome di “Appartamenti Doria” ed in cui si possono ammirare elementi architettonici, quali camini, portali e peducci, che recano lo stemma gentilizio della casata genovese.

Il ramo della famiglia Doria ch’ebbe Sassocorvaro si estinse nel 1626; nel 1631 coll’estinzione della famiglia Della Rovere -subentrata ai Montefeltro- lo Stato di Urbino fu reinglobato dallo Stato della Chiesa. La fortezza di Sassocorvaro per tutto il XVII secolo fu data in enfiteusi a varie famiglie nobili, per arrivare nel 1706 a Monsignor Giovan Cristoforo Battelli.

Giovan Cristoforo Battelli, arcivescovo d’Amasia, Cameriere segreto di S.S. Clemente XI Albani, era originario di Sassocorvaro e all’apice della sua carriera presso la Corte Pontificia ebbe in concessione la Rocca per se e per i suoi eredi; a lui si deve la piccola cappella e la Biblioteca, un piccolo spazio circolare –un tempo adibito a stanza del Comandante delle guardie- ancor oggi dotato della scansia lignea e del pavimento in marmo policromo settecenteschi.

Pervenuta per via ereditaria alla famiglia Massaioli alla fine del ‘700 rimase di proprietà di tale famiglia sino alla metà del XIX secolo, quando passò in utilizzo al Comune che vi stabilì parte degli uffici e la sede del Teatro, piccolo gioiello decorato nel 1895 dal pittore sassocorvarese Enrico Mancini (1867-1913).

Attualmente la fortezza, oltre ad ospitare il suddetto teatro, è sede del Museo della Rocca Ubaldinesca, dove si possono ammirare opere d’arte datate dal XIV al XIX secolo, tra cui un pregevole Crocefisso attribuito a Giuliano da Rimini datato 1325, una pala d’altare realizzata nei primi anni del XVI secolo già attribuita ad Evangelista da Piandimeleto ed una grande pala dell’urbinate Girolamo Cialdieri (1593-1646) raffigurante San Francesco, Sant’Antonio ed il Bambino. Recentemente il percorso museale si è arricchito di una nuova sezione dedicata al pittore sassocorvarese Enrico Mancini (1867-1913) nella quale si possono ammirare disegni e dipinti dell’artista che realizzò le decorazioni del teatrino della fortezza.

Durante la seconda guerra mondiale la Rocca Ubaldinesca divenne prezioso scrigno dell’arte, custodendo al suo interno più di 6.500 capolavori artistici provenienti dal nord e dal centro Italia; fautore del salvataggio fu Pasquale Rotondi, allora soprintendente per le belle arti delle Marche, al quale è stato intitolato un premio, il “Premio Rotondi” appunto, che ogni anno viene concesso ai “salvatori dell’arte”. A tal proposito è da ricordare la donazione da parte della famiglia Tinelli di un’opera realizzata dal piccolo Pietro “Uccio” Tinelli, vincitore del Premio Rotondi 2007 –sezione Angeli del Nostro Tempo-, esposta in una sala completamente dedicata all’artista bambino.

IL CENTRO STORICO

Nel centro storico del paese, passeggiando tra strette vie e piccole piazze si possono ammirare, oltre ad alcuni lacerti delle antiche mura cittadine e alle porte d’accesso al borgo, diverse testimonianze storico-architettoniche, tra cui

l’Oratorio di S. Rocco, elegante costruzione eretta nei primi anni del XVI secolo, dalla famiglia dei conti Doria, in ringraziamento per esser scampati al pericolo di un’epidemia di peste. Al suo interno tre altari, sui quali si possono ammirare tele del XVI e XVII secolo ornate da pregevoli cornici in stucco.

L’attuale Torre dell’orologio che anticamente fungeva da campanile alla duecentesca chiesa di S. Francesco, purtroppo abbattuta nei primi decenni del XX secolo a seguito dei danni riportati durante un terremoto.

Il piccolo ed elegante Palazzo Battelli, fatto edificare nella prima metà del ‘700 da Monsignor Giovan Cristoforo Battelli – Arcivescovo d’Amasia e cameriere segreto di Papa Clemente XI Albani-, che conserva la graziosa facciata ed all’interno alcuni elementi decorativi.

La chiesa Collegiata di S. Giovanni Battista, menzionata per la prima volta nel Codice Pandolfesco, in cui si ricorda che, il 18 maggio 1296, Malatesta da Verucchio si incontrò con Taddeo di Montefeltro nella chiesa situata nel castello di Sassocorvaro, per richiamarlo ai patti già da loro stipulati. Diventata Pieve, per interessamento del conte Ottaviano degli Ubaldini della Carda, passò al titolo di Collegiata il 27 luglio 1756 con una bolla di Papa Benedetto XIV Lambertini. Al suo interno è possibile ammirare, oltre a tele del XVII secolo, realizzate dalla bottega di Federico Barocci, parte degli elementi decorativi che ornavano il Ciborio Doria, eseguito tra XVI e XVII secolo ed una tela, raffigurante La SS. Trinità, la Beata Vergine e Santi del romano Michele Rocca (1666- post 1751), quest’ultima proveniente dall’Oratorio della SS. Trinità.

L’Oratorio della SS. Trinità, fondato attorno al 1722 dall’abate Gaspare Fabbrini, custodisce dal XVIII secolo le reliquie di S. Valentino patrono degli innamorati, è diventato negli ultimi anni luogo di pellegrinaggio per i numerosi innamorati che decidono di giurarsi amore eterno.

 

Nel territorio comunale degni di nota sono il Casino Doria di Mercatale, detto anche Casino della Madonna del giardino, superbo esempio di corte fortificata fatta edificare tra il XVI ed il XVII secolo dall’omonima famiglia genovese; la Chiesa di San Michele Arcangelo di Mercatale, eretta sul finire dl ‘500 sotto il patronato dei Cavalieri di Malta -dato che Mercatale era un luogo di passaggio per molti pellegrini-; conserva al suo interno, profondamente mutato da restauri ottocenteschi, pregevoli dipinti tra cui una Madonna del Rosario e Santi datata 1621 ascrivibile al baroccesco Giovan Battista Urbinelli.

Il borgo di San Donato in Taviglione, l’antico Castrum Montis Tabellionum, probabilmente in origine sede di un tabellio, termine col quale nell’alto medioevo si indicavano i notai dell’Esarcato di Ravenna. Il primo insediamento relativo a San Donato sorse attorno alla metà del VIII secolo, in epoca longobarda, quando il martire Donato, Vescovo di Arezzo –morto nel 362- era particolarmente venerato dalle popolazioni del Montefeltro. La struttura superstite del castello -probabilmente eretto attorno all’anno mille- allo stato attuale è circoscritta ad un terrapieno contenuto da mura, sulla cui sommità si può ammirare un panorama mozzafiato dalla vallata circostante.

Presso la frazione di Caprazzino è possibile visitare l’antica Chiesa di Sant’Andrea in Strada –della quale si hanno notizie fin dal XIII secolo- all’interno della quale è possibile ammirare, tra le varie opere d’arte, una rara tela del baroccesco Basilio Maggeri, datata 1642, raffigurante Santa Lucia, Sant’Orsola, Sant’Andrea e Santa Barbara ed un pregevole affresco del XVI secolo raffigurante Cristo crocifisso tra la Vergine e Sant’Andrea, attribuibile ai fratelli Nardini di Sant’Angelo in Vado. Sul colle che domina Caprazzino sorge invece il medioevale Borgo di Piagnano, baluardo della famiglia dei conti Oliva di Piagnano-Piandimeleto, che conserva ancora intatte parte delle poderose mura e l’imponente porta d’accesso al castello.